Il Maestro Martini

I “COGLITORI” DI CASTAGNE

L’emigrazione autunno-inverno dall’Appennino Tosco-Emiliano verso la Lunigiana Orientale dal 1800 al 1900

L’Appennino Tosco-Emiliano, che riguarda la nostra ricerca va, grosso modo, dal Passo della Cisa al Passo dell’Oppio, a Nord di Bagni di Lucca.

La parte più alta dell’Appennino, era popolata da pastori, da carbonai, da “brustai”.(1) La loro agricoltura era poverissima. Coltivavano il farro (2), il grano marzolino, così chiamato perché seminato negli ultimi giorni di febbraio oppure nei primi giorni di marzo,in vista della primavera. La resa di questa semina era molto povera.

Iniziarono circa il 1800-1850 a seminare le prime patate, importate da Biagio Grilli da Adelano, comune di Zeri (MS). Biagio portò dalla Germania alcuni tuberi, incontrando tante difficoltà e tanta diffidenza, ma riuscì a farla conoscere agli abitanti dell’Appennino Tosco Emiliano e, specialmente, nella zona del Piano di Gorfigliano, Minucciano (LU), che è un fertile terreno essendo il fondo di un lago naturale del Paleolitico.

La coltivazione di questi tuberi portò un certo miglioramento nell’alimentazione perché era un pane che non aveva bisogno né di mulini né di fornai, ma solo di un po’ di fuoco.

Il miglioramento non risolse il problema della fame e molti giovani validi e di buona volontà, varcavano i passi dell’Appennino fra la fine di settembre e l’inizio di ottobre.

La prima domenica di ottobre, festa della Madonna del Rosario, venivano ad offrirsi come “coglitori” (3) a Pieve San Lorenzo, a Casola e nell’Alta Lunigiana.

I coglitori e le coglitrici aiutavano i contadini locali nei lavori della semina e nella raccolta delle castagne primaticce, cioè delle castagne che cadevano per prime.

La castagna era, per quei tempi, un vero dono di Dio. La famiglia che aveva le castagne poteva andare incontro all’inverno con una certa tranquillità.

Nel paese di Ugliancaldo, Casola in Lunigiana, il capofamiglia, prima di iniziare la raccolta, si inginocchiava, si toglieva il cappello e ringraziava il Signore del bene che aveva mandato all’uomo.

La farina, dolce e nutriente, salvò dalla carestia dell’anno 1850 interi paesi.

I coglitori restavano fino agli ultimi giorni di dicembre, poi si caricavano sulle spalle il prezioso sacco di otto o nove pesi di farina dolce (un peso equivaleva ad otto chili) e tornavano ai loro paesi oltre l’Appennino.

Molti coglitori avevano anche una modesta ricompensa in denaro, in vestiti di “pannetto”(4) ed anche scarpe di cuoio. Alcuni ricevevano anche una borraccia  di olio di oliva.

Fra i tanti giovani di buona volontà, alcuni si comportavano così bene che rimasero in paese sposandosi con gente della nostra comunità. Fra questi emigranti stagionali che si fermarono fra noi sorsero nuove famiglie che meritavano tutto l’amore e l’attenzione verso chi ha bisogno. Alcuni giovani si fermarono ad Argigliano di Casola Lunigiana e divennero contadini degli Spinola di Genova, poi del capitano medico di Napoleone I e, successivamente, del Cillak, nella fattoria di Luscignano. Altri si fermarono a Casola Lunigiana ed a Pieve San Lorenzo, formando famiglie esemplari per onestà e lavoro.

Note

1  Brustai: i brustai erano dei veri artisti nella preparazione del carbone di legna molto fino, ricavato da piccoli rami ricavati nel bosco.

Da questi rami ricavavano la brusta, da usarsi nei fornelli a legna. La brusta aveva un prezzo doppio del carbone in cannelli.

2  Farro: una specie di grano molto duro e molto nutriente. Con la farina di farro usavano fare anche la pasta, le tagliatelle di farro.

3  Coglitori: raccoglitori di castagne per un piccolo compenso in natura

4  Pannetto: un tessuto fatto al telaio, con canapa e lana

 

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Ultimo aggiornamento: 12-06-25