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Il Maestro Martini |
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L’ammazzamento del maiale
Questo povero animale è stato per secoli e secoli
la vittima delle barbarie e dell’ingordigia umana.
Il maiale, nato dalla scrofa, a due mesi di vita
viene castrato, sia maschio che femmina. Questo intervento, eseguito da
una praticona, lascia la bestiola fra la vita e la morte, per alcuni
giorni per il dolore sofferto
Al quarto mese di vita avviene lo svezzamento, cioè
l’allontanamento dalla madre e portato a vendere nelle fiere.
L’acquisto è fatto da parte del padrone del podere, il quale dà al contadino anche una soma
(80 chili) di farinaccio, per alimentare il maialino.
Inizia così l’allevamento da parte del contadino
stesso con residuati di polenta di farina dolce che rimangono attaccati
al paiolo, con la lavatura dei piatti e del
lavezzo, con una brancata
di chicchi di granturco, di semola e di farina di castagne
Il maiale è anche erbivoro e si ciba di radicchio
selvatico, di cascella, di lattucci, di crescioni e
di tanti altri vegetali.
L’acquisto avviene durante le fiere di primavera
e la sua vita è già programmata: da aprile a gennaio- febbraio del
nuovo anno, circa dieci mesi.
La sua casa è il porcile, uno stambugio di metri
due per due, con un piccolo pertugio per l’aria ed il trogolo, un recipiente scavato in un tronco d’albero, dove si
mette il mangiare ai porci.
L’animale deve fare poco moto, per ingrassare
prima e di più. Nei primi mesi del nuovo anno dovrà essere ammazzato
ed il povero maiale viene tenuto per due giorni a digiuno, in attesa
della morte.
Poi, aperto il porcile, sono pronti ad aspettarlo
sei uomini robusti. Quattro di loro lo afferrano per le zampe, lo
atterrano mettendolo supino con la pancia all’aria. Un altro uomo gli
immobilizza la testa affinché non possa difendersi con morsi, il sesto
uomo, l’orcino, ha in mano il foron
(forone) per trapassargli il petto ed arrivare al cuore.
Il forone
è un terribile arnese di morte. Il manico è costituito da un
ripiegamento a cerchio, ripiegato a caldo e da un tondino di acciaio con
punta aguzza “a scalpello”, per forare con facilità pelle e carne.
Nella forma dialettale è chiamato anche “agghirador”.
La terribile agonia dell’animale dura circa 15
minuti, fra i gridi assordanti della vittima che piano piano diventano
sempre più deboli. Il foro prodotto dal
forone viene tappato con uno stecco di legno per impedire la
fuoriuscita del sangue.
L’animale è morto, gli uomini si asciugano il
sudore con la manica della camicia.
I ragazzi del paese hanno assistito al crudele
spettacolo.
La massaia ha già preparato due grandi paioli di
acqua bollente appesi alle catene del focolare.
Inizia la pelatura, con coltelli ben affilati ed
acqua bollente. In breve tempo la povera bestia è pulita, rasata, pelata, attaccata con le zampe posteriori ad una trave
robusta per mezzo di un bastone che è fatto passare fra i tendini delle
zampe.
Inizia qui lo svuotamento della pancia. Vengono
selezionate le budelle, che
serviranno per insaccare i salami e le salsicce.
Il fegato, la milza, i polmoni ed il cuore
serviranno, con il rosmarino e la salvia, per i fegatelli.
Le due cosce, salate e prosciugate, coperte di
spezie: pepe, cannella, chiodi di garofano, noce moscata, daranno un
appetitoso prosciutto.
La carne attaccata alle zampe anteriori produrrà
due spalle, egualmente
saporite e gustose.
Il lardo, la falda di grasso che il maiale ha sulla
schiena, salato e conservato in una conca di pietra arenaria, sarà il
condimento della minestra lungo il corso dell’anno.
Nulla viene gettato via del corpo di questo
benefattore. Anche il sangue, diligentemente coagulato, darà il biroldo oppure il sanguinaccio.
Neppure le lunghe setole, il pelo grosso e rigido
del maiale, verranno trascurate. Si faranno mazzetti ben legati per
costruire pennelli, oppure si daranno al calzolaio che le userà come
aghi flessibili sullo spago, per cucire le scarpe.
Tutti vogliono ricavare un beneficio dalla morte di questo povero animale.
Anche il Comune ricavava soldi sonanti con la tassa
sul bestiame e con la gabella del dazio sulla macellazione.
La barbara usanza del forone
si è protratta fino al 1970, poi fu sostituita dalla pistola da
macellai, un congegno che spinge fuori, per mezzo di una cartuccia, un
tubicino di acciaio che sfonda il cranio dell’animale, arriva al
cervello ed istantaneamente sopraggiunge la morte, fine di ogni
sofferenza.
Il maiale ammazzato era diviso in due parti uguali dall’orcino, usando la mannaia.
Una metà per il padrone dei campi e del porcile,
perché aveva provveduto all’acquisto e dato 80 chili di mangime.
L’altra metà al contadino che lo aveva mantenuto e custodito per
circa dieci mesi.
Il peso raggiunto, all’età adulta di circa dieci mesi, era di circa 14716 pesi, pari a circa 112 chili.
Ultimo aggiornamento: 05-06-25